"Il Manifesto dell’arte Neorupestre” di Gregorio Rossi
Nel 1879 de Sautuola e sua figlia affermarono e comunicarono che nella grotta di Altamira, nei pressi di Santander in Spagna, vi erano pitture eseguite da uomini preistorici. Gli studiosi di preistoria si misero a ridere e risero per almeno vent’anni. Poi l’abate Breuil e Cartailhac si recarono in quei luoghi ed alle risate si sostituì lo stupore: le pitture erano autentiche ed erano certamente opera dell’uomo preistorico ed in bellezza non hanno niente da invidiare ad alcuna pittura moderna.
Lo stupore è un atteggiamento, almeno in apparenza, che non ha alcunché di scientifico e forse per questo gli scienziati hanno in orrore questo sentimento.
D’altronde la scienza produce la verità, od almeno vi prova sinceramente. La poesia invece produce il meraviglioso, od almeno vi si dedica con altrettanta sincerità.
Noi abbiamo creduto che forse nel meraviglioso vi è qualcosa di della verità.
Andrea Benetti è un artista e quindi un poeta: così una sera, non per scherzo, ma sicuramente con animo allegro, perché l’arte deve essere anche gioia, nacque l’idea dell’arte “Neorupestre”.
Nei mesi successivi alla conversazione di quella sera, che poi si era protratta durante la notte, ci mettemmo a studiare e poi riflettere che duecento o più secoli orsono espressero con la pittura le più alte aspirazioni del loro cuore e della loro spiritualità.
Così è nata l’esigenza di stendere il “Manifesto dell’Arte Neorupestre” che non propone il ritorno al passato, né vuole essere una nostalgia roussoniana e neanche un’operazione di riproposta o recupero; è invece una riflessione per guardare l’evoluzione artistica in un’ottica diversa.
Se per esempio ci rechiamo a Lescaux ci appare evidente come questo complesso, che annovera una moltitudine di capolavori dipinti, si sia meritato l’appellativo di “Cappella Sistina della preistoria”.
Poi quando si pensa quanti millenni addietro quelle opere sono state realizzate, ci si trova di fronte ad un problema di enormi dimensioni che diviene ancora più macroscopico se spaziamo sulle figure dell’arte rupestre a livello planetario accorgendosi così che dal figurativo all’astratto tutto è stato affrontato. Allora, in altri giorni ed altre notti di conversazione, con Benetti abbiamo provato ad uscire da quel delirio che fa immaginare che i nostri antenati, nudi o vestiti di pelli e foglie, si siano ostinati per millenni e millenni in maniera idiota a picchiare insieme dei sassi in attesa della scintilla. Maghi semi-dementi ossessionati dalla selvaggina, oscuri primitivi impegnati a danzare attorno al totem della caccia.
La rappresentazione della loro arte è infinitamente più ricca di astrazione di quella della semplice vocazione al cibo; una consumata arte del disegno, un’elevata qualità del segno grafico.
Il Manifesto dell’Arte Neorupestre tende ad acquisire dei fratelli negli abissi del tempo, almeno immaginare chi fossero quei metafisici che possedevano meravigliose tecniche artistiche e che le hanno espresse con una preoccupazione di eternità.
Con semplicità mi sento di affermare che il Manifesto dell’Arte Neorupestre rappresenta una novità assoluta, si riferisce ad un archetipo ormai innegabile, dal quale l’artista, se tale, non può più prescindere. Picasso afferma: “Dopo Altamira, tutto è decadenza”. Il Manifesto dell’Arte Neorupestre riconosce le meraviglie ed i capolavori del passato però ci impegna a porsi di fronte a novità del contemporanea e soprattutto ai clamori ed alle provocazioni con occhio disincantato.
Gregorio Rossi |
Critico e Storico dell’arte |
Curatore del Museo di Arte Contemporanea Italiana in America |
già Curatore del padiglione “Natura e sogni” alla 53ª Biennale di Venezia |