"Lo spirito della velocità per Andrea Benetti” di Christian Parisot
Velocità, aggettivo qualitativo o nome proprio?
Non entrando, e non volendo approfondire il trattato della pittura di Leonardo da Vinci, Andrea Benetti si basa sullo studio della costruzione interna delle sue opere, dove la velocità interpreta la ripartizione degli elementi plastici, pittorici e grafici. Come quella del corpo umano, o quella di una “macchina”, questa velocità è discreta, e qualche volta si fa persino dimenticare… ma non fa difetto, dando all’opera quelle linee di forza che sono parte integrante della sua vita d’artista.
L’artista si pone di fronte al suo operato e studia le linee dinamiche. Noi, gli spettatori, saremmo tentati di trovare l’arcano della sua applicazione, cercando il metodo d’interpretazione, cercando il valore estetico nell’applicazione di una formula privilegiata, non essendo ne matematici, ne filosofi: “interpretiamo liberamente”.
La velocità sembra essere la chiave di lettura del nostro secolo, di quello recentemente trascorso, dove il significato della rapidità d’esecuzione era alla base della riuscita. Delle “similitudini”, dei rapporti, e dei metodi comparativi con le avanguardie potrebbero essere una “scusa” per decifrare la storia e la genesi della sua espressione artistica, ma sono riferimenti talmente evidenti, che la sua maniera d’esprimerli, lo escludono rapidamente… Cézanne, sembrerebbe più interessante come artista da mettere in paragone, per il suo metodo pittorico, nato dopo le grandi innovazioni Impressioniste, e proprio da questo “giovane” pittore si può iniziare il discorso sulla “rapidità” d’esecuzione, con il pennello appena intinto e con esecuzione immediata e spontanea “ritrarre” un paesaggio o una figura con la stessa valenza, con lo stesso metodo e con la stessa qualità estetica: attraverso la luce e il colore.
Questa è solo una premessa, all’ordine cronologico che si presenta spesso a noi, riflettendo un cammino e una stesura di idee cromatiche: partendo dal fatto e dalla constatazione che ogni artista, e stato ed è un allievo.
Proprio per questo definirei : plurale l’atteggiamento espressivo di Andrea Benetti.
I venerabili trattati di Cennino Cennini, Leonardo da Vinci, Durer o i testi di Delacroix ci guidano nelle nostre ricerche e nella nostra maniera di “vedere” l’arte senza controllo con il passato, ma attraverso il messaggio riscoperto, rivalutato noi possiamo rileggere il presente, il pittore o l’artista che si dichiara tale, perché ha scoperto di essere “veloce” nell’intuire la figura o il paesaggio.
Dobbiamo rendere un omaggio all’istinto, e all’intuito di Andrea Benetti per le sue sottolineature, per la messa in evidenza del suo modo di interpretare la velocità, perché parte da lontano, dai trattati, dalle caverne degli uomini primitivi, per accelerare verso la contemporaneità: attraverso la velocità del suo sguardo sulla pittura, sulla forma e sulla qualità dell’essere moderno.
Un’autocritica cromatica, un gioco esilarante, una maniera d’addolcire la brutalità della guerra inneggiata dai Futuristi, che sono d’attualità dopo un secolo, ma che sottolineano, in un clima politico attuale la dimensione della crisi produttiva ed economica come allora, in un momento legato alla velocità della comunicazione moltiplicata per X milioni di volte, attraversata da avvenimenti che vanno: dalla passeggiata sulla luna, alla scoperta del nano sistema dei computers, che svolgono alla velocità della luce calcoli infinitesimali… ma, che non sostituiranno mai la mano dell’uomo e della sua impronta sulla tela, sulla forma e sul colore scelto per dare forma ad un sogno, al sogno dell’artista che vive nel suo tempo alla velocità della sua fantasia.
Christian Parisot |
Presidente del Modigliani Institut |
Archives Lègales Paris-Rome |