"Arcaico, iconico e rituale” di Christian Parisot
Sono tante le varie tappe del percorso “arcaico”, ma non è ancora definito l’inizio e il percorso da considerarsi un vero e proprio “viaggio” nell’inconscio del primitivo artista rinato. Per aiutare lo spettatore a rinnovare lo sguardo, per cambiare la percezione di se stesso riflesso nel percorso iniziatico del racconto, l’artista impiega dei supporti specifici : invecchiati. I simboli, in senso proprio del termine, vivono e si accoppiano con la danza, la gestualità, l’animale e l’abbigliamento dell’uomo. In questo senso il termine “arcaico” non va inteso come un oggetto misterioso, o venuto da una grotta catacombale, dove si insinuano coltelli di ossidiana, va piuttosto inteso e guardato come un intimo distillato di quanto vi è di “bello” nella storia dell’uomo, della sua nascita e del suo ambiente. Il dipinto non è “segreto rivelato”, ma una componente esterna, estrapolata dal muro immaginario, e introdotta nella nostra vita quotidiana semplicemente attraverso le icone del mondo primitivo. Questo modo di dipingere sembra costituire l’ultima rappresentazione possibile, l’ultima apparizione della danza sacra, nella perfezione del movimento, contrapposto alla sua immobilità: ci troviamo di fronte al grande momento della pittura arcaica e la rappresentazione dell’assurdo motore immobile dell’immagine riflessa. Realtà unica della rappresentazione dell’uomo, dell’animale e della natura. Per amore della verità va detto tutto a riguardo: la rappresentazione è il proprio destino riflesso nell’immagine. Un labirinto di immagini su una superficie chiusa, determinata dal racconto sulla superficie. Con evidenti intenzioni edonistiche Andrea Benetti, sembra voler partecipare alla “fine” della pittura, riproponendone l’inizio, l’arcaico, il rituale e l’immagine iconica del passato. Lo spettatore è l’attore, l’immagine è quella dell’artista che si prepara attraverso vari passaggi a rimettere in gioco la sua stessa storia, e la riprende dal mondo arcaico per dire e per raccontare una storia agli altri…in pratica acquisisce un modo di raccontare dal mondo arcaico e lo fa suo, e diventa il proprio maestro. Un battesimo creativo, primo fra tutti, che non può che essere ricevuto una sola volta, mediante il quale il neofita artista viene ammesso nella comunità dei creatori. La seconda nascita, un’applicazione diversa del colore, della forma della creazione, come inizio del piccolo mistero con un’applicazione diversa del colore sul supporto. L’artista sembra indicarci la strada della salvezza, della rimessa “in gioco” della pittura, senza nessun ripensamento: capta le immagini del passato e le introduce nel presente. Qualche secolo fa, gli uomini ci facevano notare che il mondo non aveva altra lingua comune che l’immagine, e la condivideva con orgoglio, la mostrava ai componenti della tribù. Non esistono traduzioni dell’immagine arcaica, ma solo interpretazioni delle fasi della “riproduzione”, della caccia, della vita in comunità. La pittura arcaica o primitiva è la sola a poter assicurare la trasmissione della vita quotidiana, nella sua fase di rispecchiamento, nella quotidianità e nell’aspetto rituale e sacro. La traduzione di Andrea Benetti è simbolicamente arcaica, ma ripropone la rigorosa immagine dell’uomo proiettata nella sua vita, nel suo ambiente con le sue contraddizioni. La trasmissione delle immagini avviene per estrapolazione dal discorso primitivo, dal mondo arcaico, prende in prestito l’alfabeto e lo ricompone in termini moderni. Le icone giocano con le forme moderne, dalla roccia alla carta, dal legno alla tela, come se il supporto non fosse altro che uno schermo su cui far scorrere le immagini. Le forme del rappresentare e del dire sono infinite, ma si sente che l’uomo diventa il proprio padre, oppure il proprio maestro e finiscono per coincidere nel rappresentarle come forme, colori e il racconto ha una sola dimensione: il dipinto. In concreto si hanno molti modi di rappresentare, per raccontare la stessa cosa, ma tali “modi” sono tanti e tutti diversi, quante sono le forme di esistere. La musica, la danza non è “raccontabile”, ma può essere realmente interpretata figurativamente se l’attore, il pittore e lo spettatore divengono tutt’uno. L’immagine creata è simbolica, ma da millenni si riflette nella tradizione della vita quotidiana, l’artista non fa altro che assimilarla e interpretarla. Nella misura in cui la pittura stessa s’identifica con una forma riconoscibile: come identità di un artefice, di un “artista”, questa si fa riconoscere per la sua tecnica, e questo per la sua “mano”, e la si riconduce all’autore. In questo caso l’autore estrapola la mano dell’altro artista e la immerge nel suo mondo, tenta di farla sua e di raccontare la sua storia. L’attualità e la comprensione di tale procedimento empirico non ha spiegazioni teoriche o pratiche, si identifica con l’autore, che a sua volta si identifica con il primo uomo primitivo che gli suggerisce la forma della vera vita….della verità raccontata attraverso la manualità dell’arcaico uomo sapiens. Non possiamo dimenticare che l’artista non “crea” niente, nel senso che tutti possono banalmente intendere: ma, egli attinge al passato, esprime tali reminiscenze in modo accessibile agli altri. Andrea Benetti vola ancora più in alto, gioca con l’assurdo, si auto-critica scegliendo la propria forma e la propria immagine riflessa nel primitivo modo di captare la vita, l’immagine dell’uomo. Un artista che non sfugge a questa regola: anzi ne costituisce l’apice, la contraddizione e la rilettura in modo critico. Egli esegue degli impulsi, li estrapola, e li incolla sulla superficie per farli rivivere in un contesto critico, come se la vita non fosse cambiata, come se i sentimenti fossero gli stessi. Collegamenti eseguiti come un danzatore dalla corporatura imponente, come se ciò consentisse all’artista che “si muove”, vive e danza, una libertà… nella misura in cui procede manualmente alla ricostruzione di un mondo arcaico-moderno, attraverso la pittura negli eccessi della sua creatività.
Christian Parisot |
Presidente del Modigliani Institut |
Archives Lègales Paris-Rome |