"La spiritualità nell’arte Neorupestre di Andrea Benetti” di Diletta Iacuaniello
Da sempre l’arte pittorica racconta il tempo, la cultura e la società cui appartiene. La pittura ed il disegno sono stati la prima forma di comunicazione esistente, attraverso la quale l’uomo ha iniziato ad esprimere se stesso, i propri sentimenti, i propri ideali e il proprio modo di porsi rispetto al mondo. Sin dalla notte dei tempi, ancor prima di sviluppare un linguaggio proprio, l’uomo sente l’esigenza di rappresentare la realtà che lo circonda tramite incisioni e disegni per trasmettere il proprio pensiero e dare libero sfogo agli interrogativi relativi al mondo ed alla propria presenza sulla terra. L’attività espressiva dell’uomo preistorico, quindi, oltre a raccontare e ad essere certamente legata alla realtà della vita quotidiana, possiede soprattutto scopi propiziatori ed esoterici. Spesso, infatti, le immagini prodotte all’interno delle caverne venivano realizzate in occasione di rituali magici, svolti al fine di favorire il buon esito della caccia o la nascita dei figli. Esse erano rivolte agli idoli ed agli spiriti ultraterreni, affinché intervenissero nella vita dell’uomo ed esprimessero dunque un dialogo non solo fra individui, ma anche e soprattutto con forze maggiori e sovrumane cui l’uomo sentiva di dovere sottostare. Prima e più potente fra tutte queste divinità era di sicuro la natura, la cui potenza aveva un ruolo determinante sulla sorte dell’uomo. Essa era sentita e venerata come una divinità madre e fonte di vita da cui tutto dipendeva ed alla quale venivano dedicati numerosi riti e cerimonie. Proprio da qui parte la poetica dell’arte Neorupestre di Andrea Benetti: egli si rifà all’arte primitiva dal punto di vista tecnico espressivo, ma la sua grandezza sta nella capacità di cogliere e riproporre in chiave attuale i contenuti spirituali che emergono da quest’arte, elaborandoli e rendendoli estremamente attuali. L’artista, attraverso le sue opere, ci porta a guardare alla società primitiva come esempio da seguire, in merito al rispetto ed all’importanza che essa assegnava alla natura, riproponendo la sacralità di quest’ultima e ridimensionando l’onnipotenza che l’uomo di oggi sente di avere nei confronti del mondo, esortando quindi il ritorno ad un dialogo, ad uno scambio maggiore fra uomo e natura. Nella società contemporanea, è ormai chiaro a tutti come l’uomo arrivi senza scrupoli a sacrificare e violare le leggi naturali, per favorire se stesso e le proprie esigenze, non curandosi minimamente delle conseguenze, che questo comportamento produrrà. L’apparente semplicità e l’immediatezza delle immagini celano dunque uno studio e un pensiero tutt’altro che superficiali: sono qui veicolo di spiritualità, rappresentano un pensiero filosofico sensibile e profondo, che vede come unica salvezza per l’uomo la ricerca della sacralità della vita attraverso la ricostruzione di un rapporto armonico e semplice con l’ambiente che ci circonda, proprio come ci insegna il saggio uomo primitivo. Anche dal punto di vista figurativo, al centro della rappresentazione vi è la natura e non l’uomo. È infatti da notare come in tutte le opere della pittura Neorupestre di Benetti l’essere umano venga ridotto a una sottile linea astratta, quasi destinato a scomparire accanto alle figure degli animali, protagoniste indiscusse della scena. Egli non ha volto, non possiede nulla di naturalistico è una figura stilizzata, al contrario dei bisonti e dei cavalli che, se pure stilizzati, ritrovano bidimensionalità e sono caratterizzati ed evidenziati da nette campiture di colore. Tutto dunque al fine di restituire alla natura, grande madre generatrice di vita, il ruolo fondamentale che le era stato giustamente assegnato all’alba dell’umanità. A questo proposito ritorna anche il binomio cavallo e bisonte, tema ricorrente e fondamentale della pittura rupestre; come sosteneva Leroi-Gourhan, l’arte del paleolitico esprimerebbe una cosmologia centrata sulla divisione della natura in elementi maschili e femminili e i due animali nell’antichità erano considerati i due principi vitali opposti complementari, maschile e femminile appunto, senza i quali non ci sarebbe vita. L’arte e il pensiero di Andrea Benetti ci aiutano dunque a comprendere quanto l’arte primitiva sia in realtà estremamente completa ed attuale, tutt’altro che semplice ed elementare, anzi complessa e carica di significato. Anche se con il passare dei secoli e con l’evoluzione del pensiero, l’uomo ha affinato le tecniche di rappresentazione e cambiato i soggetti delle sue pitture modificando ed elaborando le sue forme espressive per dare vita a molteplici forme di arte e comunicazione, per Benetti è molto interessante tornare ad osservare l’arte dei primitivi poiché come egli stesso afferma nel suo manifesto dell’arte Neorupestre: “nelle grotte della preistoria era già stato inventato tutto; le opere figurative, astratte, simboliste, concettuali…” Lo stesso Picasso disse: “da Altamira in poi tutto è decadenza e nessuno di noi è in grado di dipingere così bene”. Andrea Benetti sa bene questo e coniuga magistralmente antico e moderno riuscendo a riproporre e fare proprie le caratteristiche estremamente contemporanee dell’arte dei popoli primitivi dando nuova vita ad un’arte interessante, attuale e perfetta per istintività e vivacità espressiva, ma anche ricca di spiritualità e mistero. Poche linee essenziali dunque che trasmettono forza energia e vitalità, forme semplici e immediate, che oggi come allora celano un messaggio profondo e rivolto al divino. Le immagini delle opere di Benetti, così forti e nette, assumono un potere spirituale, cercano di fare riemergere nell’animo umano sentimenti istintivi, primordiali e incontaminati, che sono stati dimenticati dall’uomo contemporaneo ed invitano il fruitore a fermarsi e a riflettere sulla caducità della vita. Sono un’esortazione a ritrovare l’essenza fanciullesca, che ci porta ad amare la natura, le cose semplici ma assai importanti che ci circondano e che troppo spesso vengono dimenticate e poste in secondo piano rispetto ai beni materiali e consumistici, che caratterizzano la società contemporanea. L’opera di Benetti, dunque, è molto di più che un ritorno al primitivismo: la sua arte è un mezzo per invitare l’uomo ad una riflessione spirituale, per esortare ad un ritorno alle origini, inteso come rinnovamento e purificazione. Un’arte che non mira a stupire, ma a riflettere, un’arte fatta di intelligenza e sentimento, che è assai rara nel panorama contemporaneo.
Diletta Iacuaniello |
Critica e Curatrice d’arte |