Autore | Matteo Romandini

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"Grotta di Fumane e l’arte delle origini in Italia” di Matteo Romandini

L’arte delle caverne si presenta nella piena maturità sin dalle prime manifestazioni, a Grotta Chauvet come in altre cavità dell’Europa occidentale, dove grandi pannelli con figure di felini, cavalli, cervi e pachidermi dell’era glaciale, il mammut e il rinoceronte lanoso, venivano impostati sulle pareti illuminate con le torce a creare suggestivi giochi di ombre e luci. Alle note pitture policrome delle Grotte di Lascaux e di Altamira, ammirate e citate a più riprese da Pablo Ruiz Picasso, si aggiungono tratti stilizzati, segni, incisioni e i noti teriantropi, figure umane dalle sembianze animalesche conservati in innumerevoli siti. Col tempo, segni, incisioni e raffigurazioni geometriche, iconiche, sostituiranno totalmente l’arte figurativa animalistica che accompagnò Homo sapiens fino a 14mila anni fa. Resta tuttavia costante l’utilizzo di grotte, ripari sotto roccia e rocce all’aperto come luoghi eletti, riservati al cerimoniale, spesso di accesso difficoltoso. La morfologia, l’ubicazione e la posizione di questi ambienti possono avere implicazioni sulla funzione e sull’uso sociale delle manifestazioni artistiche. Nel Paleolitico superiore, in luoghi diversi e in periodi diversi, sono presenti quindi vari tipi di arte, pitture, altorilievi, graffiti a percussione e graffiti filiformi, ma anche oggetti trasportabili, come sculture, placchette decorate, statuette in avorio, monili, oggetti decorati e addirittura strumenti musicali con specifiche caratteristiche di distribuzione e fattura stilistica. Le pietre calcaree dipinte in ocra rossa rinvenute a Grotta di Fumane, in Valpolicella, nel Parco Naturale Regionale della Lessinia, sono forse tra le più antiche espressioni pittoriche del Vecchio Continente. Questa importante cavità, dopo migliaia di anni di frequentazioni da parte dell’Uomo di Neandertal, fu occupata dai primi Sapiens provenienti dall’Africa. Un’ampia volta arcuata rivolta a sud ne proteggeva l’area atriale con un centinaio di metri quadrati disponibili per le attività quotidiane, l’accensione di fuochi, la macellazione delle prede e la cottura dei cibi, la lavorazione della pietra e dell’osso e molte altre attività legate alla sussistenza, nonché la produzione di espressioni pittoriche. La posizione era favorevole per la caccia in ambienti diversi: a monte sulla prateria alpina dell’altopiano lessineo e sulle zone rocciose popolate da stambecchi e camosci, nei boschi delle colline, dove vivevano cervi e caprioli o negli ambienti umidi dell’alta pianura dove si potevano abbattere le anatre oppure imbattersi in branchi di bisonti e dove rumori, odori e sensazioni dovevano inebriare il vivere quotidiano tanto da dover essere espresso a qualcuno, su e con qualcosa…. Una mattina dei primi anni del 2000 il Prof. Alberto Broglio annotava sul diario di scavo : “….. sono venuti alla luce vari reperti che mostrano l’uso di coloranti da parte degli Uomini moderni che frequentarono il sito: alcuni blocchetti d’ocra rossa e ocra gialla; due ampie chiazze di sedimento con apporti di ocra….tracce di colorazione rossa su alcuni manufatti; alcuni frammenti di roccia staccatisi dalla volta o dalle pareti della grotta per effetto crioclastico, più o meno intensamente colorati di rosso…”. A leggere viene da pensare ad un atelier con il pavimento sporco di un artista, a barattoli di colore aperti, e qua e là qualche frammento roccioso iniziato o finito di disegnare sulle pareti, o sulla volta, pronti ad un nuovo ritocco, una nuova sfumatura. I reperti presenti e illustrati in VR60768, sono una selezione tra un gruppo di pietre che presentano motivi definiti. Pietra con figura antropomorfa (Inventario IG VR60768) È il reperto icona che ispira questo progetto ed è ad oggi una delle più antiche figure antropomorfe del pianeta. La superficie interessata dal disegno ha morfologia irregolare con forme arrotondate che presentano dislivelli anche superiori al centimetro. Su gran parte della superficie è presente un sottilissimo strato di concrezione biancastra; il colore insiste generalmente su tale concrezione, ma in qualche punto è a diretto contatto con la roccia di colore biancastro. Il colore forma l’immagine di un antropomorfo visto frontalmente. L’asse del corpo tra collo e inguine corrisponde a una piccola cresta del supporto roccioso, mentre gli arti inferiori si divaricano con andamento arcuato in corrispondenza di una concavità. All’altezza dell’ombelico si notano due piccole prominenze laterali, non simmetriche. Più in basso il corpo si allarga in corrispondenza del ventre. A lato e sotto l’arto inferiore destro si nota un’area colorata. Due prominenze simmetriche rivolte verso l’esterno si staccano dal capo: sono interpretate come corna o, forse, tutto l’insieme potrebbe essere letto come la silhouette di una maschera. Sotto il collo ben distinto, due tratti simmetrici disposti normalmente all’asse principale del corpo rappresentano gli arti superiori; essi terminano con due tratti più brevi, rivolti verso il basso che possono corrispondere alle mani. La destra sostiene un oggetto che pende, costituito da una parte superiore e da una inferiore dalla quale si staccano quattro tratti disposti a croce di Sant’Andrea: si ritiene possa trattarsi di un oggetto rituale. Pietra con figura animale (Inventario IGVR60769) Mostra la sagoma di un animale visto di fianco, dipinto con colore rosso. La figura si estende su una superficie irregolare che forma una sorta di cresta dal profilo leggermente sinuoso; il pigmento in alcuni punti è a contatto con cristalli di dolomite, in altri ricopre un velo di concrezione biancastra. In corrispondenza della testa e del ventre il dipinto è limitato da superfici di frattura precedenti alla realizzazione. L’animale ha quattro zampe, corpo snello, collo lungo, testa relativamente piccola e coda. Si distinguono nettamente due zampe anteriori ed una posteriore; dove dovrebbe trovarsi la quarta zampa è evidente il distacco di una scheggia. Il dipinto sembra delineare le sembianze di un mustelide, mammifero del quale si sono trovati i resti scheletrici nei medesimi livelli archeologici di provenienza delle pietre. Ad oggi non possiamo escludere la possibilità che il proseguimento delle ricerche nella parte interna della Grotta di Fumane porti a nuove e inattese scoperte, fornendo così nuovi elementi per creare un legame con l’arte Neorupestre contemporanea.

Prof. Matteo Romandini
Professore di Antropologia fisica e tafonomia | 
Università degli Studi di Padova |